Prodigio di Charles Simić

Sono cresciuto chino su una scacchiera. Amavo la parola scaccomatto. Il che sembrava impensierire i miei cugini. Era piccola la casa, accanto a un cimitero romano. I suoi vetri tremavano per via di carri armati e caccia. Fu un professore di astronomia in pensione che m’insegnò a giocare. L’anno, probabilmente, il ’44. Lo smalto dei pezzi che usavamo, quelli neri, era quasi del tutto scrostato. Il re bianco andò perduto, dovemmo sostituirlo. Mi hanno detto, ma non credo che sia vero, che quell’estate vidi gente impiccata ai pali del telefono. Ricordo…

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