La memoria storica che si ha oggi delle streghe sa che venivano torturate, a lungo e con molta crudeltà; non sa, o non dice apertamente, o non dice sempre, che le torture si eseguivano su donne in parte svestite o del tutto ignude, e che venivano sempre precedute da minuziose ispezioni del corpo della strega per accertare – tale, almeno, era il motivo dichiarato dagli inquisitori – che costei non nascondesse su di sé filtri o amuleti o altre diavolerie in grado di vanificare l’effetto dei tormenti. Le si guardava sotto la lingua e tra le natiche; le si aprivano le gambe a viva forza, e l’aguzzino, o il frate stesso, verificava con le dita che tutto fosse in regola anche in quelle parti più segrete del corpo. (Nel caso nostro, di Antonia, la prima ispezione delle cavità corporee venne compiuta da Taddeo: che ne aveva vinto il diritto e il privilegio giocandolo a «testa o croce» con il figlio – e naturalmente vincendo – mentre attendevano che Manini li chiamasse nella sala degli interrogatori). Anche i contorcimenti successivi della strega appesa al curlo per le braccia, o con le gambe spalancate sul tavolo di tortura, facevano parte di un rituale inconsapevole con cui la Chiesa cattolica (e anche quella protestante, a dire il vero) sfogò per secoli, su quelle sciagurate, la sua angoscia e il suo tormento del sesso; la sua paura della donna in quanto Diavolo e il suo bisogno di Diavolo. Quando poi la stagione di quei riti finì – con sollievo di una parte del clero, e disappunto di un’altra – tutto l’affare delle streghe s’impiccolì e si sfumò, razionalizzandosi con il senno di poi, riducendosi ad un errore concettuale in cui il sesso non aveva parte: del resto – e qui arriva in soccorso il falso storico, creato poi dalla cultura ottocentesca – che donne mai erano le streghe? Vecchie orribili, sdentate, con la bazza, piene di porri o di verruche pelosissime; comari idropiche, obese, deformate dalle fatiche e sfiancate dai parti. Chi, per quanto sessualmente represso, avrebbe potuto desiderare donne simili o anche soltanto immaginarsele svestite, senza provarne un invincibile disgusto? Ma la bruttezza fisica della strega come riflesso esteriore della sua bruttezza morale è una favola fondata su un pregiudizio: una favola romantica. In verità, se si potesse e si volesse andare al fondo di tutta la faccenda, si scoprirebbe forse che le cosiddette streghe, nella stragrande maggioranza dei casi, furono comari grassottelle e bellocce, d’età compresa tra i trenta e i cinquant’anni; e che non mancarono tra loro le giovanissime, come Antonia, o le bellissime come quella Caterina Medici di Broni che il protomedico Ludovico Settala, e l’arcivescovo Federigo Borromeo, e il Senato di Milano, condannarono come «femmina impurissima, strega e fattucchiera funestissima», ad essere «condotta al luogo del patibolo sopra un carro, tormentata durante il cammino con tenaglie roventi e per ultimo bruciata». (Così il Mauri, autore ottocentesco d’una «novella storica del XVII secolo» in cui viene ricostruita la vicenda, purtroppo vera, di Caterina Medici: una fantesca che finì arsa viva sulla pubblica piazza, a Milano, nel febbraio dell’anno del Signore 1617). In quanto poi alle vecchie con la bazza, anch’esse certamente esistettero, e qualcuna anche fu torturata come strega: ma è ragionevole, è umano sospettare che le loro ispezioni corporali fossero un po’ più sbrigative di quelle delle giovani, e che gli si consentisse un po’ più spesso di subire la tortura con qualcosa indosso? Io personalmente ne sono convinto, e può anche darsi che mi sbagli, ma non credo…
Sebastiano Vassalli, La chimera, Einaudi, 1990, p. 237